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Demografia, sempre meno nascite anche nel 2023

di Carlo Marroni

Giorgetti: Nessuna riforma delle pensioni tiene con i dati dell'Italia sulla denatalità

Secondo i primi dati provvisori dell’Istat a gennaio-giugno le nascite sono state circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. La stima della fecondità per questo anno scende a 1,22 figli per donna (1,25 nel 2021)

26 ottobre 2023
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3' di lettura

La denatalità prosegue anche nel 2023: secondo i primi dati provvisori a gennaio-giugno le nascite sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. L’Istat conferma che nel 2022 le nascite sono state sotto quota 400mila, esattamente 393mila (-1,7%). Il numero medio di figli per donna scende a 1,24, evidenziando una lieve flessione sul 2021 (1,25); la stima provvisoria elaborata sui primi 6 mesi del 2023 evidenzia una fecondità pari a 1,22 figli per donna. Nel 2010 il numero medio di figli per donna aveva toccato il massimo relativo registrato nell’ultimo ventennio di 1,44. I dati salienti fotografano la situazione: 1,18 è il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana, era 1,33 nel 2008. Stabile a 31,6 l’età media alla nascita del primo figlio, sale a 41,5% la percentuale di nascite fuori dal matrimonio era 39,9% nel 2021.

Trend negativo accentuato dal 2008

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L’Istat sottolinea che dal 2008, anno in cui il numero dei nati vivi ha registrato il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, i nati residenti in Italia sono sistematicamente diminuiti. In termini assoluti, la riduzione medio-annua ammonta a circa 13mila unità, quella relativa al 2,7%. Rispetto al 2008 oggi si rilevano oltre 183mila nascite in meno (-31,8%). Il calo delle nascite è in parte causato dai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne sono infatti meno numerose di un tempo. Quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) sono quasi tutte uscite dalla fase riproduttiva mentre quelle che oggi ancora vi si trovano scontano l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di continua riduzione della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

In calo anche apporto nascite popolazione straniera

Negli ultimi anni si è inoltre attenuato l’effetto positivo sulle nascite determinato dalla popolazione straniera, esercitato a partire dai primi anni Duemila. In quegli anni le donne straniere realizzavano i loro progetti riproduttivi contribuendo in modo importante all’aumento delle nascite e della fecondità di periodo. Tale apporto negli ultimi dieci anni tende a perdere di efficacia, mentre aumenta la presenza straniera (oggi pari all’8,6% della popolazione residente totale, contro il 7,6% del 2012) e maturano i processi di integrazione e di adeguamento agli stili di vita del Paese di accoglienza. La diminuzione dei nati è comunque attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (311.117 nel 2022, quasi 169mila in meno rispetto al 2008). A diminuire sono poi soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 230.016, circa 10mila in meno rispetto al 2021 e 233mila in meno nel confronto con il 2008 (-50,3%). Può dirsi, di fatto, conclusa quella fase positiva che nel primo decennio degli anni Duemila vedeva le donne italiane recuperare le nascite rinviate dagli anni Novanta.

Nel Sud la quota più bassa di figli nati fuori dal matrimonio

Nel 2022, in un contesto di natalità decrescente, prosegue l’aumento dei figli nati fuori dal matrimonio: sono 163.317 (+3,5mila sul 2021, quasi 50mila in più sul 2008), pari al 41,5% del totale, di cui il 35,0% con genitori che non sono mai stati coniugati e il 6,5% da coppie in cui almeno un genitore proviene da una precedente esperienza matrimoniale. Dall’inizio del millennio la quota di nati fuori dal matrimonio sul totale dei nati è sistematicamente aumentata, guadagnando 33 punti percentuali. La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (48,7%), seguono Nord-ovest (42,4%) e Nord-est (42,3%). Il Mezzogiorno, dove si registra la quota più bassa (36,8%), riduce il differenziale con le altre ripartizioni per il più sostenuto ritmo di incremento degli ultimi anni.


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