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Evergrande: il fondatore Hui Ka Yan sotto controllo della polizia

di Rita Fatiguso

Cina, Evergrande chiede la ristrutturazione del debito negli Usa

Tocca al mitico fondatore di quella che un tempo era il fiore all’occhiello dell’immobiliare cinese pagare pegno per le insolvenze di Evergrande oberata da 300 miliardi di debiti. Il tycoon è stato portato via dalla polizia cinese in una località segreta già dai primi di settembre.

27 settembre 2023
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2' di lettura

Una caduta fragorosa dal piedistallo per quello che un tempo era tra gli uomini più ricchi della Cina, ora accusato di aver spinto nel precipizio da 300 miliardi di debiti il secondo gruppo immobiliare cinese. Il tycoon Hui Ka Yan è sotto stretto controllo della polizia già da giorni in una località segreta, mentre in borsa la sua creatura affonda senza la speranza di vedere accettato un piano di ristrutturazione passato già alla storia come il più intricato della Cina moderna. Così cala anche il sipario sul mito della rampante imprenditoria cinese che tutto voleva e tutto poteva.

Il declino del carismatico fondatore

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Certo, non è chiaro il motivo per cui Hui sia sotto la cosiddetta sorveglianza residenziale, un tipo di azione di polizia che non equivale a detenzione o arresto formale perchè non significa che Hui sarà accusato di un crimine, corrispondente ai nostri arresti domiciliari, l’imprenditore non può lasciare quel luogo per almeno sei mesi, ogni documento di identità viene ritirato.

Le mosse spericolate del tycoon

Ma Hui Ka Yan è senz’altro il perno intorno al quale hanno ruotato fortune e sfortune di Evergrande. Sorprende che sia rimasto al riparo finora da qualsiasi misura repressiva, anche quando si scoprì che aveva dirottato fondi della società a Londra per l’acquisto dell’immobile più caro della città.

Un vero e proprio scandalo l’acquisto dai precedenti proprietari arabi proprio mentre Evergrande colava a picco. Già nei giorni scorsi la mannaia delle autorità si era abbattuta sul direttore generale della sede centrale a Shenzhen, anche due ex ceo e direttore finaziario erano stati prelevati dalla polizia. Pechino chiede conto e punisce chi ha ridotto in ginocchio la società.

Con la misura adottata si appanna anche il mito delll’imprenditoria privata rampante fiore all’occhiello della narrazione cinese. Per salvarsi il Governo ha già impegnato forze ed energie, ed è probabile che il pugno di ferro serva a dare ai mercati l’idea che Pechino ha saldamente in mano la situazione proprio adesso che il piano di ristrutturazione dovrebbe in essere approvato dai creditori. Una parte del debito riguarda investitori esteri che sono in fibrillazione già dalla fine del 2021 quando tutto cominciò. Basterà questa mossa a convincerli che non sono abbandonati al loro destino?

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