di Francesco Longo
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L’impresa contraente con la Pubblica amministrazione ha diritto di ottenere la revisione del prezzo dell’appalto della fornitura o del servizio se, e in quanto, tale possibilità sia stata contrattualmente espressamente prevista, non lasciando all’amministrazione alcun margine di discrezionalità sul decidere o no per l’aggiornamento del prezzo e per la sua entità. Con la pronuncia 7291/2023 pubblicata il 25 luglio, il Consiglio di Stato è intervenuto sulla delicata questione della revisione prezzi nell’ambito dei contratti con la Pubblica amministrazione.
Il caso riguardava una licitazione privata relativa alla fornitura pasti per un’azienda ospedaliera.Il principio ora fissato dal supremo organo della giustizia amministrativa, che ha parzialmente riformato la sentenza 2953/2014 del Tar Lazio, modifica, a sua volta, sia pure parzialmente, l’orientamento espresso dalle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 9965/2017). Quest'ultima, intervenuta per stabilire a quale giudice, ordinario o amministrativo, spetti la questione inerente alla revisione del prezzo contrattuale, ebbe ad affermare che, è materia del giudice ordinario se il contratto rechi una apposita clausola che preveda l’obbligo dell’amministrazione di dar luogo alla revisione, in tal caso sussistendo il diritto dell’impresa a ottenere l’aggiornamento del prezzo.
Nel caso in cui il contratto «rechi un’apposita clausola che preveda il puntuale obbligo dell'Amministrazione di dar luogo alla revisione dei prezzi: in tale ipotesi, la richiesta sottoposta all'esame del giudice (a prescindere dalla sua fondatezza nel merito), risolvendosi in una mera pretesa di adempimento contrattuale, non può che intendersi come volta all'accertamento dell'esistenza di un diritto soggettivo, come tale rimesso alla cognizione del giudice ordinario».
L’elemento innovativo posto ora sta nella puntualizzazione operata dal Consiglio di Stato quando afferma che il diritto sussiste qualora vi sia una specifica clausola contrattuale che non lasci all’amministrazione alcun margine di apprezzamento discrezionale, ma traduca la condotta dell’amministrazione in un mero adempimento contrattuale, risultando invece insufficiente la mera previsione di una clausola contrattuale in tal senso.L’erogazione dell’aggiornamento del prezzo esprime in tal caso una condotta di corretto contraente e non di corretto amministratore, al di fuori, quindi, da ogni potere autoritativo, la presenza del quale determinerebbe, invece, per le relative questioni, la giurisdizione del giudice amministrativo.
«il dato discriminante ai fini dell'esclusione di un potere autoritativo in capo alla P.a., e quindi di una posizione di interesse legittimo in capo all'impresa, è costituito non dalla mera esistenza di una clausola contrattuale di revisione prezzi (come sembra aver ritenuto il Tar nella sentenza appellata) bensì dalla circostanza che questa disciplini in dettaglio l'attività di revisione nel suo an, in modo da escludere ogni spazio di valutazione discrezionale in capo al committente e da poter fondare un vero e proprio diritto soggettivo alla revisione dell’appaltatore».
P.I. 00777910159 Dati societari
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