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Neet, il lavoro in nero coinvolge quasi il 90% dei giovani nelle città

di Giorgio Pogliotti

Calderone: "Aumenta lavoro stabile, l'azione del Governo è efficace"

La maggioranza dei giovani Neet in Italia lavora in nero, con una percentuale ancora più alta nelle grandi città

23 luglio 2024
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4' di lettura

Oltre sette giovani Neet su dieci hanno svolto in Italia lavoretti in «nero», ma nelle grandi città si sfiora la cifra monstre di nove su dieci che sono impegnati nel sommerso. Si tratta di giovani tra i 15 e i 29 anni che, almeno sulla carta, non risultano inseriti in un percorso scolastico o formativo e non sono considerati come impegnati in un’attività lavorativa regolare (secondo l’acronimo inglese Neither in employment nor in education and training). Le ultime rilevazioni dell’Istat hanno quantificato nel nostro Paese una platea di circa 2,1 milioni di giovani Neet.

Ad accendere una luce sul fenomeno che in Italia coinvolge una percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni tra le più alte dell’Europa (16,1% rispetto ad una media Ue dell’11,2% nel 2023) è il Consiglio nazionale dei giovani che ha presentato la ricerca “Lost in transition” con un’analisi approfondita avvalendosi del supporto tecnico dell’Iref.

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La metà dei Neet nelle grandi città si dichiara economicamente indipendente

I Neet metropolitani sono più attivi nell’economia informale e nella partecipazione a reti sociali e politiche: il 74,8% dei Neet ha svolto «lavoretti in nero» nell’ultimo mese. Nelle aree metropolitane l’88,9% dei Neet è coinvolto in attività informali, mentre nelle aree interne la percentuale scende al 53,6%. Quasi la metà dei Neet nelle aree metropolitane dichiara di essere economicamente indipendente, utilizzando spesso i guadagni per emanciparsi dalla famiglia. Al contrario, nelle aree interne, i giovani Neet tendono a dipendere maggiormente dalla famiglia.

L’analisi per cluster ha identificato due principali tipi di esperienza Neet , tra chi indica che intende «mettersi ancora in gioco» - in prevalenza tra i residenti nelle aree metropolitane - e chi invece opta per «mettersi per ora in pausa» (prevale nelle aree interne). I primi sono attivamente coinvolti nell’economia informale, attraverso attività come la compravendita online e lavori in nero, mantenendo una certa indipendenza economica, mostrando inoltre un’elevata auto-attivazione sociale e politica. Al contrario, i Neet delle aree interne partecipano meno all’economia informale e alle attività sociali e politiche, un divario attribuibile alle limitate opportunità lavorative e alla carenza di reti di supporto.

La ricerca evidenzia una tendenza tra i giovani Neet a sacrificare i propri diritti lavorativi pur di trovare occupazione, specialmente tra quelli delle aree interne.

Il 65,3% dei Neet nelle aree urbane ha diploma o laurea

Emergono anche significative differenze educative tra la popolazione urbana e quella rurale. Solo il 9,6% dei Neet nelle aree rurali possiede una laurea o un diploma accademico, contro il 65,3% nelle aree urbane, il dato sottolinea una «marcata disparità nell’accesso all’istruzione superiore tra le diverse aree del Paese».

Anche le motivazioni per la condizione di Neet variano. Una quota consistente di intervistati descrivono la loro esperienza come una «pausa sabbatica» (29,9%), ma la percentuale è più alta nelle aree metropolitane (39,7%). Altri motivi includono la necessità di collaborare al sostegno familiare (20,5%) o la disponibilità di risorse finanziarie (13%). La sfiducia nel mercato del lavoro e i carichi familiari sono motivi prevalenti nelle aree interne.

Oltre un quinto non si attiva per sfiducia

Su versante della formazione, una quota consistente di Neet desidera svolgere attività legate al proprio percorso di studio (42,6%) o apprendere un mestiere (37,8%). Molti, però, non perseguono tali attività per scelta di un periodo «sabbatico» (33%%) o sfiducia nel trovare un percorso formativo (21,4%).

Il 45% dei Neet intervistati attribuisce la responsabilità della propria condizione principalmente all’offerta di lavoro (soprattutto nelle aree metropolitane), una quota rilevante a se stessi (30,4%, soprattutto nelle aree interne).

I Neet delle aree metropolitane hanno maggiori interazioni sociali quotidiane rispetto ai loro omologhi delle aree interne: il 72,5% nelle aree metropolitane incontra gruppi di pari quasi ogni giorno, rispetto al 53,2% nelle aree interne. Analoghe differenze si registrano nell’attività sportiva quotidiana (59,3% contro 34%) e nel tempo trascorso giocando ai videogiochi (58,8% contro 35%).

Pisani (Cng): c’è un’estesa zona grigia di formazione non riconosciuta e di lavoro sommerso

 «La ricerca mette in luce la complessità delle esperienze dei giovani Neet in Italia - commenta la presidente del Consiglio nazionale dei giovani, Maria Cristina Pisani (video) - sono due le evidenze più significative: in molti affermano di seguire o aver seguito privatamente percorsi di auto formazione professionale e tanti dichiarano una piccola autonomia reddituale frutto di lavori saltuari e irregolari o di proventi da attività online. L’ennesima dimostrazione di quanto non sia realistica la narrazione dei giovani choosy e di quanto siano estese la zona grigia di formazione non riconosciuta e quella di lavoro sommerso e in deroga».

Per Pisani è «cruciale che le politiche pubbliche riconoscano queste differenze e adottino approcci personalizzati per supportare efficacemente i Neet» e «accompagnarli verso una formazione e un’occupazione di qualità».

Inoltre a differenza dei Neet delle aree metropolitane, quelli delle aree interne subiscono maggiormente l’assenza di opportunità vivendo la loro condizione con maggiore rassegnazione: «Occorre ragionare sulla necessità di interventi mirati per fornire opportunità concrete e costruire reti di supporto adeguate per ciascuno - aggiunge Pisani-. È necessario lavorare per promuovere politiche che valorizzino l’iniziativa dei giovani, offrendo loro gli strumenti e le risorse necessari per costruire un futuro più stabile».

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