Norme e Tributi
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Norme e Tributi

Bollette, mutui, affitti e altri fringe benefit: il welfare aziendale 2024

di Michela Magnani

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(Illustrazione di Sandra Franchino)

(Illustrazione di Sandra Franchino)

Così la legge di Bilancio ha allargato il perimetro degli sconti fiscali e dei rimborsi possibili, anche per andare incontro ai piccoli datori di lavoro

15 aprile 2024
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6' di lettura

Sono un libero professionista con due dipendenti. Da alcuni anni sento parlare di welfare aziendale e di premi di risultato, ma mi è sembrato di capire che tali agevolazioni di carattere fiscale siano difficilmente usufruibili dai datori di lavoro di piccole dimensioni perché, spesso non applicano alcuna contrattazione di secondo livello. Vorrei sapere se esiste anche per noi “piccoli” datori di lavoro la possibilità di erogare ai nostri dipendenti opere, servizi in natura o sotto forma di rimborso spese senza dovere pagare imposte e contributi.

La legge di Stabilità del 2016 ha previsto l’applicazione di un regime fiscale di favore sulle somme fino a 3.000 euro corrisposte ai lavoratori dipendenti a titolo di premi di risultato di ammontare variabile collegati ad incrementi di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione previsti dalla contrattazione collettiva di secondo livello (aziendale o territoriale). Tale importo, se sussistono i presupposti previsti dalla norma subisce una tassazione agevolata, quest’anno, pari al 5%. Inoltre se è previsto nell’accordo sottoscritto con le rappresentanze sindacali, i dipendenti possono convertire i premi di risultato assoggettabili a tassazione sostituiva in beni e servizi (cosiddetti piani di welfare aziendale) che, in base all’articolo 51, commi 2 e 3 ultimo periodo del Tuir, non concorrono o concorrono solo parzialmente alla formazione del reddito di lavoro dipendente imponibile, sia ai fini fiscali che contributivi. In mancanza dell’accordo e dei presupposti per usufruire della norma agevolativa (e quindi anche della conversione del Pdr in beni e sevizi di welfare) è comunque possibile erogare ai lavoratori, in aggiunta alla retribuzione ordinaria, benefit in beni e servizi che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente se rientrano nelle fattispecie esentative dei commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir.
Relativamente alle ipotesi di welfare erogabile ad personam, e in particolare di compensi in natura corrisposti ai dipendenti si ricorda che, come norma ordinaria, gli stessi sono esenti da imposte e da contributi (quindi con un risparmio di costi anche per il datore di lavoro) fino a 258,23 euro. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il valore degli stessi sia superiore a tale importo, diventano interamente imponibili. La legge di Bilancio 2024, per consentire una maggiore facilità di utilizzo e probabilmente anche per “venire incontro” ai datori di più piccole dimensioni, limitatamente all’anno 2024, prevede che sia esente da imposizione il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori, nonché il rimborso delle spese relative alle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, dell’affitto o degli interessi sul mutuo della prima entro il limite complessivo:

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1 di 1.000 euro per i lavoratori senza figli a carico;

2 di 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati fiscalmente a carico dei genitori ai sensi dell’articolo 12, comma 2 del Tuir purché il dipendente dichiari di avervi diritto specificando anche il codice fiscale dei figli a carico.

I figli potranno essere considerati fiscalmente a carico se il loro reddito nel 2024, sarà inferiore a 2.840.51 euro (ovvero 4.000 euro se di età non superiore a 24 anni) e, non rileva a questi fini il fatto che, a seguito dell’introduzione dell’assegno unico universale, i figli non compaiano tra quelli che danno diritto alle detrazioni di cui all’articolo 12 del Tuir (articolo 12, comma 4 ter del Tuir).

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(Illustrazione di Sandra Franchino)

Quali erogazioni dell’impresa non concorrono al reddito

È possibile avere qualche esempio dei fringe benefit che, se nel 2024 sono di importo inferiore a 1.000 euro se corrisposti a dipendenti senza figli a carico ovvero a 2.000 euro se con figli a carico, non concorrono a formare il reddito degli stessi?

Secondo l’articolo 51 del Tuir il reddito di lavoro dipendente si basa sul cosiddetto principio di omnicomprensività. Pertanto, salve le specifiche deroghe previste dalla norma stessa, concorrono a formare il reddito del percettore tutte le somme e i valori corrisposti in “relazione” al rapporto di lavoro. Possono quindi, costituire fringe benefit, a titolo esemplificativo: la polizza vita e infortuni extraprofessionali; la polizza sanitaria; il valore convenzionale dell’auto data in uso promiscuo, della casa e dei prestiti; le stock options e le Rsu; i buoni benzina e gli altri voucher; il pacco di Natale e nel 2024, i rimborsi delle utenze domestiche di acqua, luce e gas e delle spese per l’affitto e per gli interessi sul mutuo della prima casa di abitazione.

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(Illustrazione di Sandra Franchino)

L’attivazione del “contatore” per misurare l’esenzione

In fase di calcolo della franchigia “differenziata” dei fringe benefit esenti come si quantifica il valore per essere certi di non avere superato la soglia esente?

I “fringe benefit” da inserire nel “contatore” ai fini della verifica del superamento del valore esente del 2024, possono essere rappresentati non solo dai rimborsi delle utenze, delle spese per l’affitto e per gli interessi sul mutuo della prima casa, ma anche da beni e dai servizi in natura. I compensi in natura sono quantificati in base al valore normale ai sensi dell’articolo 9 del Tuir ovvero, per le auto in uso promiscuo, i prestiti e le abitazioni in base al valore cosiddetto “convenzionale. Si ricorda che non sono invece compresi nel “contatore” i beni, i servizi e i rimborsi indicati nell’articolo 51, comma 2 del Tuir che “non concorrono” a formare il reddito dei dipendenti solo se l’erogazione è fatta alla generalità o categorie di dipendenti in conformità a contratti accordi i regolamenti aziendali. Si precisa che la quantificazione del fringe benefit deve essere effettuato considerando che il valore tassabile è al netto di quanto il dipendente ha corrisposto con il metodo del versamento o della trattenuta ed è comprensivo dell’eventuale Iva a carico del dipendente.

Come l’auto a uso promiscuo può rientrare sotto i 2.000 €

Un datore di lavoro assegna a un dipendente con figli a carico un’autovettura ad uso promiscuo il cui valore convenzionale, nel 2024 sulla base delle tabelle Aci, è di 2.800. Può il dipendente chiedere al datore di lavoro di “partecipare” ai costi di gestione dell’auto per un importo tale da fare rientrare il valore del fringe benefit sotto i 2.000 euro ?

In merito alla franchigia dei fringe benefit esenti (di regola pari a 258, 23 euro, innalzati a 2.000/1.000 solo nel 2024 per i dipendenti con figli/senza figli a carico) l’agenzia delle Entrate, nella circolare 326/1997, ha precisato che:

1 la previsione della non concorrenza alla formazione del reddito dei fringe benefit erogati fino all’importo esente stabilito dalla norma ha carattere del tutto generale e, pertanto, si applica anche ai bene indicati nel successivo comma 4 dell’articolo 51 del Tuir e cioè anche ai beni in natura corrisposti ai dipendenti il cui valore nomale è convenzionalmente stabilito dalla legge tra cui rientrano anche gli autoveicoli assegnati in uso promiscuo ai dipendenti;

2 la verifica del mancato superamento del valore esente dei fringe benefit erogati nell’anno va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito (quindi, nel caso specifico, al valore convenzionale dell’auto data in uso promiscuo), è al netto di quanto il dipendente ha corrisposto con il metodo del versamento o della trattenuta ed è comprensivo dell’eventuale Iva a carico del dipendente. In questo senso anche le precisazioni contenute nella risoluzione 202/E del 29 ottobre 2003.

Quindi anche se l’intendimento della norma “speciale” in vigore nel 2024 non è sicuramente quella di agevolare (non tassandoli) coloro che già percepiscono fringe benefit, si ritiene che, in linea di principio, la procedura indicata non sia in contrasto con i principi generali che sottendono la tassazione dei compensi in natura corrisposti ai dipendenti.

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(Illustrazione di Sandra Franchino)

Rimborso locazione soltanto se è «abitazione principale»

Sono un dipendente con un figlio a carico convivente e con un altro figlio che lavora e vive da solo in una casa in affitto (canone mensile di 600 euro). Nel mese di maggio mi verrà erogato un Pdr di 1.800 € detassabile e convertibile in welfare. La nostra piattaforma welfare quest’anno riconosce anche il rimborso delle spese per l’affitto e per il mutuo della prima casa. Mi domando se posso chiedere il rimborso di 3 mesi di affitto per la casa di mio figlio così da aiutarlo un poco economicamente.

Come precisato dall’Agenzia nella circolare 5/2024, la norma fa riferimento alla nozione di «prima casa» quindi perché possa essere riconosciuto il rimborso esente al genitore fino al massimo di 2.000 euro (dando per scontato che il dipendente di cui si parla non percepisca nell’anno altri compensi in natura) facendone poi beneficiare il figlio, occorre che l’affitto riguardi “l’abitazione principale” ovvero il luogo dove il dipendente o i suoi familiari (compresi i figli anche non a carico) dimorano abitualmente.
Per spese di affitto si fa riferimento al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno e perché possa essere applicata la norma occorre che la spesa sia stata effettivamente sostenuta dal figlio. Si ricorda che il rimborso “indiretto” da parte del genitore del canone di affitto impedisce al figlio di beneficiare per i mesi in cui l’affitto è stato rimborsato della detrazione prevista dall’articolo 16, comma 1- quinquies, del Tuir.

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