3' di lettura
I chatbot e gli algoritmi ci ruberanno il lavoro? Domanda che rimbalza da tempo. E che non ha, ancora, una risposta precisa e definitiva. Perché se è indubbio che l'applicazione massiva dell'intelligenza artificiale nei processi di lavoro porterà alla sostituzione dell'addetto umano a favore della macchina per compiti ripetitivi e di routine, è altrettanto vero che le occasioni di nuovo impiego legate a questa tecnologia sono diverse e sono in aumento, abbracciando un ampio spettro di professionalità e competenze. Come ha osservato di recente Silvia Movio, Director di Hunters (un marchio dell'omonimo Gruppo specializzato in ricerca e selezione di personale altamente qualificato), «l'AI impatterà in maniera importante il mercato del lavoro perché tutti i settori ne saranno influenzati, dall'automazione industriale al mondo energy».
In uno scenario che vede l'Unione Europea al lavoro per definire un nuovo quadro giuridico atto a regolare lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale (l'AI Act), le opportunità di lavoro che in qualche modo hanno a che fare con l'artificial intelligence sono cresciute (lo confermano i dati dell'Osservatorio di Hunters Group) e interessano figure eterogenee, trasversali ad ogni settore e tipologia di azienda. Le più ricercate? In ordine di importanza gli ingegneri esperti di progettazione e implementazione di sistemi di machine learning (ambìti in modo particolare nei settori bancario, farmaceutico, logistica e retail), gli sviluppatori di dispositivi IoT che raccolgono dati grazie ai sensori intelligenti (sanità, manifatturiero, trasporti e tempo libero i comparti che ne avranno più bisogno) e i creatori di hardware dedicato all'AI, i data scientist (fondamentali per analizzare i grandi volumi di informazioni digitali disponibili) e i responsabili della protezione dei dati.
Sulla stessa lunghezza d'onda delle precedenti, anche le indicazioni elaborate da PageGroup confermano come il trend di sviluppo accelerato del mercato dell'intelligenza artificiale (che secondo alcune stime supererà quota 1.800 miliardi di dollari entro il 2030) avrà un impatto notevole a livello di occupazione. «In questo momento – come ha spiegato Riccardo Spada, Executive Manager della multinazionale del recruitment britannica - assistiamo a una significativa scarsità di candidati qualificati per occupare tutte le posizioni vacanti nel settore dell'intelligenza artificiale. A livello globale si prevedono infatti, entro il 2025, circa 100 milioni di nuovi posizioni di lavoro legate proprio a questo ambito, che dovranno necessariamente essere coperte affinché le aziende non subiscano una perdita di vantaggio competitivo all'interno del proprio settore di competenza».
Ingegneri, sviluppatori, architetti e ricercatori dell'AI, oltre agli immancabili data scientist, saranno dunque i professionisti in cima alla lista dei desideri per le aziende e quelli che potranno aspirare a importanti opportunità di carriera e di guadagno, anche nel caso dei candidati più giovani. La retribuzione media annua lorda di un Machine Learning Engineer, per esempio, oscilla sin d'ora fra 45mila e gli 84mila euro in funzione degli anni di esperienza e più o meno sullo stesso range di cifre si attestano oggi anche i compensi di un AI Engineer e di un AI Researcher mentre lo stipendio medio di un AI Architect (responsabile della progettazione e dello sviluppo di ecosistemi che facilitano una comunicazione efficace tra diverse tecnologie) si aggira indicativamente sui 60 mila euro.
L'analisi di Page Group torna quindi alla domanda di partenza: i robot ci ruberanno il lavoro? La risposta, inequivocabile, è “no”. Nessuna macchina intelligente, questa la visione della società, potrà mai sostituire completamente un candidato umano, che continuerà ad essere essenziale grazie a caratteristiche peculiari quali creatività, capacità di risolvere i problemi e pensiero critico. Le proiezioni del World Economic Forum ci dicono in tal senso come i posti di lavoro che l'intelligenza artificiale andrà a creare in tutto il mondo supereranno di ben 12 milioni di unità quelli che andrà ad eliminare. Il problema vero, semmai, è evitare che anche nel campo dell'intelligenza artificiale si propaghi quell'effetto “skill gap” che molto sta penalizzando le aziende in cerca di figure qualificate in tecnologie informatiche e digitali.
Una tendenza, quella del mismatch di competenze nell'ambito dell'AI, che invece sembra essersi già consolidata, stando almeno alle indicazioni che emergono da un recente rapporto pubblicato da TimeFlow, startup italiana che opera nel campo della selezione dei talenti tech. Ebbene, fra le skill It più difficilmente reperibili oggi sul mercato del lavoro ci sono – dietro cybersecurity, sviluppo software e programmazione - anche quelle legate all'intelligenza artificiale.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy