di Manuela Perrone
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Il riferimento è Milano: nel 2008 si aggiudicò l'Expo 2015 al fotofinish, battendo la turca Smirne con 86 voti contro 65. Roma non è riuscita a ripetere il miracolo: sarà Riad ad ospitare l’Esposizione Universale del 2030.
Roma aspettava l’Esposizione Universale dagli anni Trenta del Novecento: un intero quartiere, l'Eur, fu realizzato per ospitare l'Expo del 1942 che mai vide la luce, per via dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La posta in gioco era altissima, innanzitutto dal punto di vista economico. Secondo le stime contenute nel dossier di candidatura - un faldone di 618 pagine redatto da un team di professori e professionisti internazionali tra cui Carlo Ratti, Italo Rota, Richard Burdett e Ian Philion, con la collaborazione delle Università romane e sotto la guida dell'architetto Matteo Gatto - il valore complessivo dell'impatto economico generato da Expo Roma 2030 per l’Italia sarebbe ammontato a 50,6 miliardi di euro, tra cui 18,2 miliardi di effetto economico indiretto a breve e 10 miliardi di effetto economico diretto, tra investimenti pubblici e privati e dei partecipanti. Erano previste presenze per 30 milioni. Come anticipato sul Sole 24 Ore, erano state calcolate in 11mila le nuove aziende che sarebbero state generate e in 300mila i posti di lavoro creati.
Dal punto di vista infrastrutturale, il progetto di Roma, dal titolo “Persone e Territori: Rigenerazione, Inclusione e Innovazione”, prevedeva la completa riqualificazione dell’area del quadrante Est della città, dove sorge lo scheletro delle Vele di Calatrava, la grande incompiuta realizzata dall’archistar che era stata prevista per i Mondiali di nuoto del 2009. Una parte della zona è già destinataria di fondi per il Giubileo 2025, ma con Expo avrebbe potuto vedere una vera nuova vita, perché il masterplan immaginava lì l’Expo Village, il cuore del sito espositivo.
Il sito espositivo era immaginato suddiviso in tre aree - la Città, il Boulevard e il Parco - in una sorta di graduale transizione da Ovest a Est tra il mondo artificiale e il mondo naturale. Era prevista una serie di nuovi collegamenti di trasporto e mobilità da e verso Tor Vergata, tra cui un lungo corridoio verde che per collegare l'Esposizione agli adiacenti siti archeologici della via Appia e agli altri edifici e monumenti storici della Capitale. Dopo l'evento il Village sarebbe diventato un'estensione del campus dell'Università di Tor Vergata. Il Boulevard, l'asse pedonale centrale, era invece previsto come un percorso attraverso tutti i padiglioni nazionali. Infine, il Parco a Est sarebbe stato ricoperto da una vegetazione lussureggiante e accentuato da padiglioni tematici, tra cui “Pale Blue Dot”, dedicato alla diffusione della conoscenza del mondo naturale.
Il “polmone” di Expo avrebbe potuto essere il più grande parco solare urbano al mondo accessibile al pubblico, che avrebbe dovuto estendersi su 150mila metri quadrati con una capacità produttiva di picco di 36 Mega Watt. Il parco sarebbe stato composto da centinaia di “alberi energetici” unici che aprono e chiudono i loro pannelli durante il giorno, da una parte raccogliendo energia e offrendo ombra ai visitatori, dall'altra parte conferendo all'intera infrastruttura di Expo un aspetto a mosaico. La rete energetica sarebbe stata completata dal padiglione “Eco-system 0.0”, l'edificio più alto dell'Expo, che avrebbe fornito il raffreddamento attraverso l'evaporazione.
Manuela Perrone
inviata parlamentare
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