Francia, il budget verso un’approvazione «senza voto»
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Una Finanziaria non votata dal Parlamento. In Francia si può fare, e il governo guidato da Michel Barnier vuole percorrere questa strada, come aveva fatto in passato anche la macroniana Elisabeth Borne e altri primi ministri privi di una maggioranza solida. Non è un esito imprevisto: fin dall’inizio era abbastanza chiaro che Barnier avrebbe evocato il “famigerato” articolo 49.3 della Costituzione, e ora sembra arrivato il momento.
Il primo ministro ha fatto un riferimento esplicito a questa norma, il 14 novembre, in un’intervista a Ouest France. «Probabilmente», ha detto, farà ricorso a questa procedura, prevista solo per le leggi finanziarie, quelle sulla securité sociale e su un unico provvedimento per ogni sessione parlamentare, che dura nove mesi. L’Assemblée, per bloccare questo iter, può soltanto votare una censure, un voto di sfiducia, da chiedere entro ventiquattro ore. «Quando vedo quello che è accaduto in Parlamento, mi sembra difficile fare altrimenti, alla fine del dibattito».
Cosa è accaduto? L’Assemblèe ha bocciato, il 12 novembre, la prima parte della Finanziaria, quella che riguarda le entrate: 362 voti contro, 192 a favore. La sinistra era riuscita a far approvare, grazie alle diserzioni della minoranza governative e le astensioni “strategiche” del Rassemblement national, una serie di emendamenti sgraditi ai partiti di centro e di destra: erano state introdotte imposte sui sovraprofitti, sui superdividendi, sui buy-back, sulle multinazionali, sui patrimoni dei multimiliardari, e sulle grandi società digitali, mentre era stato bocciato il rialzo delle imposte sull’elettricità e di quelle sulle automobili inquinanti e la sovrattassa per le grandi imprese. «La versione della legge emersa dal dibattito è completamente snaturata e non corrisponde per niente alle proposte avanzate da Michel Barnier», ha riassunto la deputata républicaine Véronique Louwagie. Il presidente della Commissione Finanze, Éric Coquerel, deputato della France Insoumise, la considerava un bilancio «compatibile con il Nouveau front populaire», l’alleanza delle sinistre: «Abbiamo trovato 75 miliardi di nuove entrate», ha aggiunto.
La bocciatura impedisce ora ulteriori esami da parte dell’Assemblée. Il provvedimento, in una versione rivista ma molto simile a quella originaria dal governo, passa dunque al Senato, che inizierà a esaminarlo entro quindici giorni: la camera “alta” è però espressione degli enti locali, ai quali non piacciono i tagli da cinque miliardi (o forse addirittura 6,5 miliardi) alle loro spese e punterebbero a reintrodurre una patrimoniale sulle abitazioni, abrogata da Macron ed esclusa dall’attuale maggioranza.
Un’altra proposta, avanzata dall’area centrista vicina ai macroniani, intende aumentare l’orario di lavoro nel settore pubblico e privato di sette ore l’anno, gratuite, in modo da generare risorse per 3,5 miliardi. Il governo è però poco convinto. Sembra svanire, invece, la proposta di eliminare un giorno festivo, probabilmente la giornata dell’Armistizio dell’11 novembre.
Le chances di un’approvazione del testo si riducono quindi ulteriormente, anche se il governo si è detto pronto a discutere delle finanze degli enti locali. Il terzo passaggio prevede che il provvedimento sia esaminato da una commissione paritaria di sette deputati e sette senatori, per poi tornare sia all’Assemblée sia al Senato.
Barnier non intende comunque “tagliar corto”: «Abbiamo fatto la scelta di lasciare che si svolta il dibattito», ha detto. Il ricorso al 49.3 avverrà quindi alla fine dell’iter completo. Il rischio di un voto di sfiducia è elevato, ma il governo – così come i precedenti, anch’essi di minoranza – punta sul fatto che, in genere, la sinistra e la destra radicale del Rassemblement national (Rn), non convergono sulla stessa mozione: si tratterebbe di una scelta dirompente, nell’attuale quadro politico francese che è però in rapida evoluzione. L’eventualità di una censure non può quindi essere del tutto esclusa.
Riccardo Sorrentino
Redattore
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