dal nostro inviato Roberto Bongiorni
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Sembrano stelle cadenti. Comete che sbucano dal cielo ormai scuro. Come una fontana luminosa, il sistema Iron Dome intercetta gran parte dei missili, che esplodono dividendosi in tanti frammenti. Non tutti, però. Qualcuno prosegue la sua scia. A Tel Aviv centrano un edifico, altri cadono in mare, nei campi, nelle periferie. Esplodono contro basi militari (almeno secondo la versione di Teheran). Lo stesso accade in diverse città e località israeliane.
L’Iran ha dunque mantenuto le sue minacce. Il più grande attacco contro Tel Aviv, sconvolta poco prima anche da un attentato terroristico a Jaffa in cui hanno perso la vita almeno sei persone, arriva alle sette di sera. Gli israeliani avevano avuto tempo di organizzarsi. Forse per questo il bilancio è stato molto contenuto: i circa 180 missili, lanciati dalla Repubblica islamica hanno provocato alcuni feriti e una sola vittima. Si tratta di un palestinese di Gaza ucciso nella città di Gerico, in Cisgiordania, ha riferito una fonte della Difesa israeliana.
Israele era dunque pronta a fronteggiare la rappresaglia iraniana. Lo aveva messo in conto. Lo stesso gli Stati Uniti, con le loro navi con a bordo i sistemi antimissile pronti all’uso.
Già verso le tre del pomeriggio avevamo ricevuto una telefonata. «Tutti i bambini sono stati richiamati dall’asilo. In tutte le città del Paese. Sta accadendo qualcosa. Seguite le istruzioni via radio», ci aveva avvertito una donna ebrea italiana che si trovava in città.
Poco dopo i media israeliani riportavano le notizie americane di un imminente attacco missilistico dall’Iran. Lo si attendeva in tarda serata, come era avvenuto il 13 aprile quando l’Iran aveva lanciato oltre 300 «pezzi», tra missili, razzi e droni. Allora Teheran aveva avvisato per tempo della rappresaglia i Paesi arabi che hanno relazioni con Israele. Quella volta la rappresaglia iraniana, decisa dopo un bombardamento israeliano contro il consolato iraniano a Damasco, era apparsa al mondo come una dimostrazione di forza (soprattutto a uso e consumo interno), tuttavia contenuta nelle modalità al fine di non innescare una guerra aperta.
Stavolta è diverso. Gli Stati Uniti hanno parlato un attacco almeno doppio, per intensità e per armamenti usati (per la prima volta l’Iran ha utilizzato il missile balistico ipersonico Fattah 1, presentato 15 mesi fa).
Il presidente americano Joe Biden si è subito schierato con Israele, offrendo «il pieno sostegno americano». Biden ha condannato duramente il regime di Teheran. «È in corso un dibattito attivo su come Israele risponderà all’attacco missilistico balistico iraniano», ha precisato parlando con i giornalisti
Dopo ore convulse, durante una riunione con il Gabinetto di Guerra, nella notte è arrivato anche il messaggio del premier israeliano Benjamin Netanyahu: «L’Iran ha commesso un grosso errore stanotte e lo pagherà». Il premier ha aggiunto: «Chiunque ci attacchi, sarà attaccato da noi».
La rivendicazione da parte dell’Iran non si è fatta attendere. Il neopresidente della Repubblica, Masoud Pezeshkian, ha avvertito sul social X: «È stata data una risposta decisa alle aggressioni del regime sionista». Rivolgendosi poi al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha aggiunto: «Deve capire che l’Iran non è guerrafondaio, ma si opporrà fermamente a qualsiasi minaccia».
In serata è arrivato anche il messaggio della guida suprema Ali Khamenei, la massima autorità della Repubblica islamica. Ricorrendo a un bellicoso e retorico messaggio ha precisato: Le «persone giuste» potrebbero dover fare sacrifici, «ma non saranno sconfitte alla fine della giornata. Sono loro i vincitori sul campo». Citando versetti del Corano Khamenei ha poi predetto una e «imminente vittoria divina» dell’Iran.
La missione diplomatica iraniana all’Onu ha poi fatto appello ai Paesi arabi della regione di troncare ogni rapporto con Gerusalemme. Ma gli Stati arabi sunniti, soprattutto quelli che hanno stretto accordi con Israele, non l’hanno nemmeno preso in considerazione. Come già il 13 aprile, anche questa volta la Giordania ha offerto il suo spazio aereo precisando di essere intervenuta con i suoi sistemi di difesa aerea, neutralizzando diversi missili iraniani.
Agli occhi di Teheran quello di ieri è stato un attacco «necessario» per rispondere agli omicidi di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas ucciso il 31 di luglio a Teheran, e soprattutto del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah ucciso pochi giorni fa, il 27 settembre mentre si trovava in un bunker a Beirut con i vertici della sua potente milizia sostenuta e addestrata da Teheran.
Nella notte i massimi vertici militari iraniani hanno poi minacciato Israele di non provare a rispondere, pena altre attacchi missilistici, maggiori per intensità, contro contro infrastrutture strategiche e città.
È una svolta drammatica. Il giorno in cui la minaccia di un conflitto allargato tra Israele e Iran, lo scenario che tutti temevano, è divenuta realtà.
La reazione di Israele sarà probabilmente rapida è durissima. L’amministrazione di Joe Biden ha poi reso noto che gli Stati Uniti si coordineranno con Israele per la risposta a Teheran.
Ieri Israele ha immediatamente chiuso lo spazio aereo dirottando i voli in arrivo su destinazioni in altri Paesi. Giordania e Iraq hanno fatto altrettanto. Già alle otto di sera l’Autorità aeroportuale israeliana ha annunciato di aver riaperto lo spazio aereo.
In tutte le guerre la propaganda gioca un ruolo di primo piano. È dunque difficile comprendere se l’attacco iraniano abbia colpito obiettivi importanti, quali basi militari e infrastrutture nevralgiche, oppure sia stato un fallimento. Le versioni sono diametralmente opposte. Secondo le Guardie della rivoluzione iraniana addirittura il 90% dei missili «ha colpito con successo gli obiettivi» nell’attacco contro Israele. «Basi militari del regime sionista attorno a Tel Aviv» sono state l’obiettivo dell’attacco di Teheran, hanno poi precisato in un comunicato.
Il presidente Joe Biden ha sostenuto il contrario, precisando come il sistema anti-missilistico israeliano e quello sulle navi americane dispiegate nell’area sia stato un grande successo.
Ora il mondo attende con il fiato sospeso, chiedendosi se davvero scoppierà quel grande conflitto regionale che da mesi Stati Uniti ed Europa cercano con tutti i mezzi di scongiurare.
Un conflitto che, tuttavia, giorno dopo giorno, si sta estendendo. Certo, l’attacco dell’Iran è stato di grande portata, come hanno precisato gli esperti militari americani. Ampio. Ma molto breve: un paio di ore.
Ieri sera l’Iran ha dichiarato lo Stato di guerra. Ma la Repubblica islamica sta vivendo un periodo molto difficile: è divisa politicamente, è in crisi economicamente, e comunque il suo esercito è sicuramente inferiore per mezzi e capacità a quella israeliano, soprattutto se Gerusalemme dovrà essere assistita, come corre voce, dagli Stati Uniti.
Insomma, l’attacco di ieri , sarebbe stato una soluzione di compromesso per mettere d’accordo falchi e moderati nel regime, in questi giorni profondamente divisi. Ora si attendono le mosse di Israele. Teheran ha chiuso lo spazio aerea.
Il regime degli Ayatollah non vuole la guerra soprattutto perché non se la può permettere. Ma sa che la risposta israeliana sarà molto dura. Nel tormentato Medio Oriente i prossimi giorni saranno decisivi.
Roberto Bongiorni
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