Elezioni Usa: ecco come si schierano i partiti italiani tra Trump e Harris
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Le elezioni presidenziali Usa, con il confronto tra Donald Trump (repubblicani) e Kamala Harris (democratici) si avvicinano. I partiti italiani hanno già iniziato a schierarsi: Lega pro Trump, Pd pro Harris. Ma sono altre le posizioni che hanno fatto discutere: se da una parte è immaginabile la linea prudente della premier Giorgia Meloni (che nel 2020 era pro Trump) e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che non si sono esposti, ha spaccato il centrosinistra la decisione del leader M5S Giuseppe Conte di non prendere apertamente posizione a favore di Harris.
Per Giorgia Meloni è lontano anni luce il 2020, quando (dall’opposizione) durante lo spoglio delle precedenti elezioni Usa che vedevano di fronte il repubblicano Donald Trump e il democratico Joe Biden, non ebbe dubbi: «Da patriota italiana, spero possa vincere Trump». Nel suo recente viaggio in Usa, a fine settembre, da premier italiana ha fatto ben attenzione a non prendere posizioni tra Trump e Kamala Harris (vicepresidente dell’attuale presidente Usa Joe Biden). Rispondendo sulle simpatie di Elon Musk (il patron di Tesla e X, nonché sponsor di Trump) nei suoi confronti, Meloni ha precisato: «Non c’entra nulla con la campagna americana. Mi pare che il tentativo di schierare l’Italia sia soprattutto un tentativo italiano».
Una linea prudente, quella di Meloni, confermata anche dal leader di Fi e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha rivendicato la sua «linea di equilibrio»: «Ci prepariamo a lavorare con Trump o con Harris con la stessa intensità». Già però nel 2020 aveva detto: «Non voterei», se dovessi scegliere tra Trump e Biden.
Matteo Salvini, leader della Lega, non ha cambiato invece la linea pro Trump: «Io lavoro bene con chiunque ci sia in amministrazione a Washington e negli Stati Uniti. Sono convinto che una vittoria di Trump e dei repubblicani sarebbe fondamentale e positiva per un ritorno all’equilibrio dell’intero occidente e per la fine dei due drammatici conflitti che ci sono».
Nel centrosinistra, il Pd (che non a caso riprende nel suo nome il partito democratico degli Usa) è convintamente a favore di Kamala Harris. «Trump rappresenta una minaccia, la sfida ci riguarda, non bisogna essere d’accordo su tutto per sapere da che parte stare, cioè quella dei democratici, di Harris», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein.
Ha suscitato polemiche, all’interno del centrosinistra, la decisione del leader del M5S Giuseppe Conte di non schierarsi convintamente con Harris, rimarcando la differenza con il Pd italiano: «L’identità progressista del M5s - ha detto a metà settembre - non può essere definita dalla candidatura di un altro Paese. Ho condannato Trump per Capitol Hill, e per altro, ma fatemi applaudire la Harris quando imporrà una svolta sul conflitto russo ucraino, piuttosto che continuare a mandare armi, quando interverrà sul conflitto a Gaza. Non mi fate abbracciare una candidatura acriticamente».
La sinistra e i verdi riuniti in Avs (Alleanza verdi sinistra) non hanno certo simpatia per Trump, definito nel 2021 (ai tempi dell’assalto al campidoglio di Washington) dal leader Nicola Fratoianni «un golpista in doppiopetto, pericoloso e inquietante». Tuttavia non hanno mostrato finora un sostegno caldissimo a Harris («Non azzardo pronostici, ma mi auguro che vinca Kamala Harris e che sconfigga Trump», ha detto sempre Fratoianni), guardando più al modello della sinistra e dei verdi francesi.
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha già dichiarato il suo appoggio ad Harris: la candidata preferita «è Kamala Harris», ha detto a metà ottobre, anche se «non è stata la miglior vicepresidente della storia». L’ex alleato di Renzi nel Terzo polo, Carlo Calenda (leader di Azione), non è stato altrettanto esplicito, ma le sue parole lasciano pochi dubbi: «Harris viene dalla presidenza Biden che è stata straordinaria».
Andrea Marini
redattore
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