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Colf e badanti: meno occupati regolari, crescono i costi e più donne lasciano il lavoro per assistere i familiari

di Giorgio Pogliotti

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Colf e badanti: meno occupati regolari, crescono i costi e più donne lasciano il lavoro per assistere i familiari

Colf e badanti: meno occupati regolari, crescono i costi e più donne lasciano il lavoro per assistere i familiari

Nel lavoro domestico irregolarità al 54%, si contano 145mila occupati in meno, e tra le over 55 cresce del 34,7% la percentuale di chi si ritira dal lavoro

4 ottobre 2024
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4' di lettura

Sempre meno occupati regolari nel lavoro domestico. Crescono i costi delle famiglie, dunque si contrae la domanda e sempre più lavoratrici, non potendo far fronte alle spese in aumento, rinunciano al lavoro per occuparsi dell’assistenza ai familiari.

Il calo delle nascite e la diffusione dello smart working sono le probabili cause che hanno impattato sulla domanda di servizi di collaborazione, in particolare per quelli legati alla prima infanzia e alla cura della casa secondo il rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico) in collaborazione con Fondazione studi Consulenti del lavoro, ma soprattutto, a pesare è la difficoltà a sostenere i costi per l’assistenza di parenti non autosufficienti.

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Sono 145mila gli occupati in meno nel triennio

Tra il 2021 e il 2023, nel lavoro domestico si contano 145mila occupati in meno, con un calo del 9,5%, a fronte di un mercato del lavoro che invece ha visto aumentare l’occupazione. Secondo le stime dell’Istat il numero di tutti i lavoratori, irregolari inclusi, sarebbe passato da 1.530.000 a 1.384.800.

Anche la domanda dei servizi di collaborazione ha avuto lo stesso andamento: da 2 milioni e 600mila famiglie che si sono avvalse di colf, badanti e baby-sitter nel 2011, a 1,9 milioni del 2022, pari al 7,4% dei nuclei residenti.

Costi per badante: per il 57% assorbe oltre il 50% del reddito mensile

Cresce il costo dei servizi di collaborazione e il loro impatto sui bilanci familiari, in particolare dove sono presenti situazioni di non autosufficienza. Ma anche tra le famiglie che non presentano uno specifico fabbisogno di cura, l’incidenza sui redditi non è secondaria: nel 42,8% dei casi supera il 15%.

Secondo l’indagine Family (Net) Work svolta a luglio 2024 su un campione di 2.015 famiglie aderenti ad Assindatcolf e Webcolf, per molti nuclei che si avvalgono dei servizi forniti da una badante affrontano ogni mese un costo superiore al 50% del reddito mensile. Il 57,7% delle famiglie dichiara che il costo della badante assorbe oltre il 50% del reddito disponibile e il 32,4% afferma che questo supera il 70%.

Cifre ormai insostenibili non solo per le famiglie a basso reddito, ma anche per il ceto medio (le famiglie che fanno fatica a sostenere queste spese passano dal 27,9% del gennaio 2023 al 55,2% del luglio 2024).

L’offerta di lavoro, molto ampia in passato, si sta restringendo. Le famiglie italiane hanno problemi a reclutare la persona giusta per il tipo di lavoro da svolgere (68,7%), e faticano nel reperire le figure disponibili (21,5%). Manca il ricambio generazionale nel settore: se nel 2014, su 100 badanti, 24 avevano meno di 40 anni e 12 più di 60 anni, nel 2023, la quota di under 40 risulta quasi dimezzata (14,2%), mentre quella degli over 60 più che raddoppiata (29,1%).

Più donne rinunciano a lavorare per occuparsi dei problemi familiari

L’altra faccia della medaglia è che la crescita dei costi per l’assistenza porta sempre più donne a rinunciare al lavoro. Tra il 2018 e il 2023, a fronte di un incremento generalizzato dell’occupazione femminile, la quota di donne che scelgono di non lavorare per motivi di carattere familiare, sono passate da 2.525 mila a 2.659 mila, per un incremento del 5,3%.rispetto al 2018 .

L’aumento più significativo si ha tra le 55-64enni: sono +219mila ad aver rinunciato al lavoro (il 34,7% in più rispetto al 2018), ovvero nella fascia d’età in cui possono potenzialmente concentrarsi diversi carichi di cura: verso genitori anziani ancora in vita, i nipoti, il coniuge.

Il sommerso zavorra di 2,5 miliardi di euro annui.

Resta irrisolto il nodo del sommerso, così come ha evidenziato l’Istat: l’elevata quota di irregolarità che ancora caratterizza il comparto è stimata, infatti, al 54% nel 2023. Il lavoro domestico rappresenta il 38,3% dell’occupazione irregolare dipendente in Italia e genera un costo per la collettività pari a quasi 2,5 miliardi di euro all’anno (1,5 miliardi di euro derivanti dal mancato gettito contributivo e 904 milioni di euro annui dall’evasione Irpef).

In base di tali stime, nel 2023 su 1. 384.000 lavoratori domestici, 632mila sono regolari e 753mila irregolari e in assenza di contromisure si prevede che l’elevata quota di irregolarità che ancora caratterizza il settore, sia destinata a ricrescere.

Assindatcolf: intervento sul fisco a supporto delle famiglie per sostenere il lavoro regolare

In vista della manovra economica Assindatcolf rilancia una proposta per favorire il lavoro regolare, attraverso la leva fiscale: «La fotografia che ci restituisce questo studio – dichiara il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini – è senza dubbio allarmante. Quella di un Paese in cui le donne sono ancora costrette a rinunciare al lavoro per occuparsi della famiglia in particolar modo per motivi economici. Un circolo vizioso che ha ricadute pesanti soprattutto sul fronte del lavoro domestico irregolare. È ormai chiara a tutti l’esigenza di una riforma generale del sistema, a partire dalla fiscalità: lo Stato deve supportare economicamente le famiglie, rendendo più accessibile e conveniente il lavoro domestico regolare. Per questo chiediamo alla Politica di mettere al centro della propria agenda, alla voce welfare familiare, deducibilità fiscale o credito d’imposta del costo del lavoro domestico».

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