WeWork pronta a uscire dal Chapter 11, al via il riassetto degli immobili in Italia
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Passa anche per l’Italia la via alla ristrutturazione del debito di WeWork, il colosso del coworking, che a novembre ha dichiarato insolvenza, al Tribunale del New Jersey, in base alle regole del Chapter 11 e avviato un piano di ristrutturazione. Il 30 maggio, infatti, i creditori senior dovrebbero ufficializzare, con il voto, la presa di controllo della società, con una nuova iniezione da 450 milioni di dollari, l’azzeramento del debito e l’uscita definitiva dalla procedura del Chapter 11. Ma per centrare l’obiettivo, anche l’Italia ha fatto la sua (minima) parte.
Le cinque sedi milanesi di WeWork – via Meravigli, via Mazzini, via Pisani, via San Marco e via Turati – sono diventate quattro. Chiusa Turati, il gruppo assicura, però, che le altre quattro resteranno inalterate, sia per sede che per metrature disponibili, nonostante Milano sia stata l’unica città in cui la società - che in questi edifici, come ovunque, è in affitto - non è riuscita a rinegoziare i contratti di locazione.
«Se nelle principali città dell’Europa continentale – spiega a Il Sole 24Ore Rebecca Nachanakian, general manager di WeWork per il Sud Europa, il Benelux e i Paesi Nordici da ottobre 2020, di passaggio a Milano – è stato possibile rivedere minimamente i canoni al di sotto del 10% e nel Regno Unito la rinegoziazione è andata anche oltre il 10%, in Italia ciò non è stato possibile. Da qui, la scelta di chiudere la sede meno profittevole, mantenendone attive ed inalterate quattro, scommettendo sul forte ritorno dei clienti e sulla pressione alla domanda di spazi. Da quando è stato attivato il Chapter 11, qui il tasso di occupancy è salito del 9% e nei prossimi due mesi stimiamo un incremento del 20 per cento». Per il fatturato 2023, bisognerà però attendere i dati in uscita a luglio.
«A Milano – osserva ancora Nachanakian – i desk sono complessivamente 3500 e 250 le società. Si va dal singolo professionista alle start up, sino a società più grandi dai brand consolidati, che optano per fornire ai collaboratori anche spazi di lavoro più centrali e strategicamente connessi in termini di servizi e infrastrutture. Un mix che consente un bilanciamento virtuoso nella diversificazione dei tenant». Che il settore in Italia goda di ottima salute lo dimostra anche il fatto che crescono gli spazi coworking. Entro giugno anche Poste Italiane aprirà le prime 30 sedi di co-working e formazione destinati a professionisti, aziende, associazioni e cittadini, per un investimento di 120 milioni di euro.
A livello globale, invece, «La razionalizzazione del portafoglio di locazione è stato un pilastro fondamentale per la ristrutturazione strategica di WeWork – ha aggiunto Nachanakian –. Ad oggi, WeWork ha definito un percorso per oltre il 97% del suo portafoglio di locazione globale. Questo ci ha permesso di attivare risparmi sugli affitti per 800 milioni di dollari e ci consentirà di ridurre il total committment, sempre sulle locazioni, di circa 11 miliardi di dollari. WeWork ha già annunciato l’acquisizione di 77 contratti di locazione e, al completamento di questa transazione, prevede di gestire più di 170 siti negli Stati Uniti e in Canada e 337 siti in tutto il mondo».
In base all’accordo di ristrutturazione che sarà votato entro fine mese, WeWork esclude l’offerta di ritorno dell’ex ceo e founder Adam Neumann. L’accordo darebbe ai creditori senior il controllo della società di co-working riorganizzata in cambio di 450 milioni di dollari (una volta era valutata 47 miliardi di dollari, ma i banchieri d’investimento hanno fissato il valore della società riorganizzata a circa 750 dollari milioni di dollari). Yardi Systems, fornitore di tecnologia per l’immobiliare che è venditore e creditore di WeWork, ha accettato di versare 337 milioni di dollari, pari al 60% della società riorganizzata. Un gruppo separato di hedge fund metterà i restanti 113 milioni di dollari del nuovo investimento in denaro, in cambio del 20% della nuova società. Le entità che detengono 4 miliardi di dollari del debito pre-fallimento del gruppo di co-working – tra cui SoftBank, il maggiore sostenitore di WeWork – riceveranno il restante 20% della società. Il nuovo WeWork non avrà debiti. I banchieri d’investimento di WeWork hanno fissato il valore della nuova società a circa 750 milioni di dollari, il che implica che i detentori del debito esistente della società recupereranno in media circa 5 centesimi di dollaro.
Laura Cavestri
Redattrice di Economia
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