Francia, manovra di sacrifici: 40 miliardi di tagli alla spesa e 20 di aumenti delle tasse
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Quaranta miliardi di tagli. Venti miliardi di imposte. In tutto una manovra da 60 miliardi. Sono queste le cifre, ormai quasi ufficiali, del bilancio 2025 della Francia. Non poco, ma il necessario per far rientrare il deficit al 5% del pil che corrisponde, in base alle attuali previsioni del pil nominale, a circa 150 miliardi di fabbisogno da raccogliere sui mercati finanziari. Senza interventi, il disavanzo salirebbe al 7% del pil. Il progetto di legge finanziario verrà presentato al consiglio dei ministri il 10 ottobre e poi all’Assemblée.
Sessanta miliardi sono una cifra in forte aumento rispetto alle stime di inizio anno, quando si parlava di complessivi 25 miliardi per mantenere la rotta, poi corretti a trenta. Il raddoppio finale dà il segno del progressivo deterioramento del bilancio pubblico francese, che ormai conta un debito pubblico «colossale», il più alto dell’Unione europea in valore assoluto: 3.228,4 miliardi a fine giugno, secondo i dati pubblicati da Insee il 27 settembre.
Dopo aver mancato gli impegni nel 2023, quando il deficit è stato pari al 5,5%, contro l’impegno a portarlo al 4,9%, quest’anno l’esercizio fiscale si chiuderà con un disavanzo ancora più alto, il 6,1%, contro una previsione del 5,1 per cento. Ha pesato soprattutto la flessione delle entrate, mentre non è bastato il congelamento di alcuni crediti dello Stato verso le altre amministrazione. Per quest’anno e per il prossimo le previsioni sull’aumento delle entrate sono quindi molto prudenti - ma in linea con l’1,1% stimato dall’Insee - per evitare ulteriori sorprese.
L’obiettivo del tre per cento, ha spiegato il primo ministro Michel Barnier nel suo discorso programmatico all’Assemblée, non sarà quindi raggiunto che nel 2029, «Vi chiedo di fare molto con poco, e partendo da lontano», ha detto citando lo Charles de Gaulle che in piena seconda guerra mondiale cercava di mantenere la rotta della Francia libera da Londra.
Inevitabile l’aumento delle imposte, che molte forze politiche “governative” avevano giudicato inaccettabili durante le trattative. L’introduzione dei prelievi sulle imprese grandissime, o sui più ricchi saranno «mirate» e «temporanee», ha detto il primo ministro. «Siamo molto, molto lontani dal chiedere ai grandi gruppi e ai privati più ricchi uno sforzo dello stesso ordine di grandezza rispetto a quello che è stato fornito dallo Stato per aiutarli» durante questi anni perché potessero superare la pandemia e poi la fase di alta inflazione.
Le imposte sulle imprese saranno simili, probabilmente, ai prelievi straordinari introdotti nel 2017 da Edouard Philippe, nel primo governo della presidenza di Emmanuel Macron, pari a una soprattassa del 15% per le aziende con un giro d’affari superiore al miliardi, e del 30% per quelle con un giro d’affari superiore a tre miliardi. Sarebbero colpite con questo sistema circa 300 imprese, per un prelievo complessivo di otto miliardi. Anche François Fillon, primo ministro per i gollisti, durante la presidenza Sarkozy, aveva introdotto un’imposta simile nel 2011, poi prolungata l’anno successivo dal socialista Jean-Marc Ayrault. Una tassa sui buy backs, preparata dal ministro dell’Economia uscente Bruno Le Maire, potrebbe generare tra 200 e 300 milioni. Le imposte sui ricchi potrebbero fissare un’aliquota minima, sotto la quale non si potrà scendere anche quando il regime di esenzioni lo rendesse possibile.
Grandi gruppi e ricchi non saranno i soli a essere colpiti. Occorrerà aggiungere anche un’imposta «ecologica» che generi un gettito da 1,5 miliardi di euro e colpisca le auto a motore termico (con una penalizzazione per quelle più inquinanti). Anche l’industria aereonautica si aspetta un aumento delle imposte per un totale di un miliardo.
Non è ancora chiarissimo come saranno distribuiti i tagli. Il governo Attal aveva previsto riduzioni dei costi di 15 miliardi per l’amministrazione centrale, ma occorrerà probabilmente aggiungere altri inque miliardi. Circa 13 miliardi di risparmi saranno a carico del welfare state, e 7 miliardi a carico degli enti locali. Continueranno a crescere le spese per la sanità, ma l’aumento previsto per l’Assurance-Maladie sarà del 2,8%: più dell’inflazione, ma comunque meno del 3% finora previsto.
Il governo deve affrontare anche il piano alternativo dei Républicains, il partito di Barnier, che ha proposto - in alternativa all’aumento delle imposte - tagli per 50 miliardi, anche per permettere alcune politiche sociali: l’assistenza sociale, un sostegno alle famiglie e un maggiore impegno sull’immigrazione.
Riccardo Sorrentino
Redattore
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