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Gsk crolla in Borsa dopo la sentenza sul farmaco Zantac

di Monica D'Ascenzo

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Gsk crolla in Borsa dopo la sentenza sul farmaco Zantac

Gsk crolla in Borsa dopo la sentenza sul farmaco Zantac

La risoluzione delle cause potrebbe costare al gruppo britannico 3 miliardi di dollari, secondo gli analisti. Coinvolte anche Sanofi e Pfizer

3 giugno 2024
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4' di lettura

Tonfo sulla piazza londinese per GlaxoSmithKline. Le azioni del gruppo farmaceutico britannico lasciano sul parterre oltre il 9% a metà mattina sulla scia di una sentenza del tribunale secondo cui Gsk, insieme ad altri tra cui Sanofi, deve affrontare un processo per stabilire se l’ex trattamento per il bruciore di stomaco Zantac provochi il cancro. Non solo. La sentenza apre la strada a una serie di processi presso il tribunale statale del Delaware.

I dubbi sullo Zantac

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Lo Zantac è un antiacido, un tempo popolare, che è costato al gruppo una raffica di cause legali per lesioni personali negli Stati Uniti, con l’accusa di provocare il cancro. Nel 2022 un giudice federale della Florida aveva respinto le prove portate dall’accusa, ritenendole inaffidabili, ma venerdì scorso il giudice della Corte Superiore Vivian Medinilla ha sovvertito l’esito della causa concludendo che i dati scientifici a cui facevano riferimento i consumatori non possono essere ritenuti imperfetti o insufficienti per sostenere le accuse secondo cui Zantac causava una varietà di tumori.

I querelanti hanno sostenuto che i produttori di farmaci sapevano che la ranitidina, il principio attivo dello Zantac, si trasformava nel potenziale cancerogeno NDMA in determinate condizioni. Nel 2020, la Food and Drug Administration statunitense ha chiesto alle aziende di rimuovere tutti i farmaci a base di ranitidina dal mercato statunitense. Medinilla ha citato il richiamo della FDA nella sua decisione di consentire agli esperti dei consumatori di testimoniare. «Questa controversia rappresenta una classica battaglia tra esperti» ha scritto Medinilla.

Lo Zantac è arrivato sul mercato statunitense come farmaco da prescrizione nel 1983 prima di trasformarsi in un trattamento da banco per il trattamento del bruciore di stomaco nel 1995. Gsk e Warner Lambert lo hanno sviluppato come parte di una joint venture e negli anni precedenti il farmaco era di proprietà di diverse società.

Sanofi, ad esempio, l’ha acquisito nel 2017. «Sanofi resta impegnata nella difesa della sicurezza di Zantac, e si difenderà vigorosamente da queste affermazioni, che le comunità medica, scientifica e normativa hanno ampiamente valutato e hanno ritenuto prive di merito» ha affermato la società in una nota.

Nella vicenda è coinvolta anche Pfizer, anche se il gruppo ha tenuto a precisare che è chiamata in causa «solo in una frazione» dei casi del Delaware, aggiungendo che continua a non vedere alcun impatto materiale dal contenzioso Zantac. La società intende presentare ricorso, ha affermato in una nota sabato scorso.

Una pletora di cause

La decisione, sebbene procedurale, espone Gsk a oltre 70.000 casi coinvolti in diverse cause, ha scritto l’analista di Citi Peter Verdult in una nota al mercato, stimando i costi totali della transazione con Zantac in 3 miliardi di dollari.

Gsk è pronta a presentare ricorso contro la sentenza, come comunicato al mercato sottolineando che la decisione «non significa che la corte sia d’accordo con le conclusioni scientifiche degli esperti dei querelanti e non determina la responsabilità».

La sfida dei fondi attivisti alla ceo

Il gruppo britannico sta vivendo un momento particolarmente sfidante. Sotto la guida dell’amministratrice delegata Emma Walmsley, Gsk è riuscita a lanciare con successo il primo vaccino contro un comune virus respiratorio e a respingere le contestazioni dell’investitore attivista Elliott Investment Management, ma il contenzioso Zantac rappresenta una spada di damocle sui conti e sui rapporti con gli investitori attivisti.

Dame Emma Natasha Walmsley è ceo di GlaxoSmithKline dal marzo 2017. In precedenza ha lavorato per 17 anni a L’Oréal ed è stata direttrice non operativa della Diageo fino al settembre 2016. E’ la prima donna ad aver ottenuto la guida di un grande gruppo delle big pharma internazionali, che oggi conta una capitalizzazione di Borsa di 77,98 miliardi di euro (66,53 miliardi di sterline). E’ anche l’unica donna a comparire nella classifica dei 10 manager britannici più pagati stilata da The Guardian nel 2022 con 8,4 milioni di sterline.

Elliott Investment Management ne ha chiesto la rimozione Emma Walmsley, perchè secondo l’hedge fund il più antico produttore farmaceutico britannico aveva «perso la strada». Un metodo che in altri casi ha funzionato dal momento che le bordate di Elliott hanno preceduto l’uscita di almeno cinque dirigenti di aziende multimiliardarie, tra cui Richard Kramer di Goodyear Tire & Rubber Co. Ma tre anni dopo quella richiesta, Walmsley è ancora al timone del gruppo e nel frattempo la partecipazione di Elliot vale il 30% in più grazie al rialzo delle azioni in Borsa, che solo nell’ultimo anno di contrattazione hanno guadagnato il 16%. Eppure le azioni sono ancora scambiate con uno sconto del 40% rispetto a AstraZeneca.

Walmsley aveva già sostituito 100 dei 125 top manager di Gsk nei suoi primi anni alla guida del gruppo, facendo acquisti nella concorrenza e portando nel gruppo il direttore commerciale Luke Miels da Astrazeneca, proprio poco dopo essere stata nominata. A Miels vengono attribuiti i successi commerciali del gruppo e proprio lui viene citato come suo potenziale successore. Il direttore scientifico Tony Wood è arrivato da Pfizer sempre nel 2017. Resta il fatto, però, che mentre Astrazeneca investe più del 25% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo, la quota investita da Gsk resta ferma al 14%. Un dato che non sfugge agli investitori attivisti.

Gsk in Italia

Il gruppo britannico è presente dal 1932 a Verona, dal 1984 a San Polo di Torrile (PR) e dal 2015 a Siena e Rosia, con tre aree di impegno: vaccini, farmaci specialistici e per la medicina generale coprendo tutta la fase di vita dei nostri prodotti ricerca, produzione, commercializzazione.

I numeri in Italia vedono il gruppo nel 2022 chiudere l’esercizio con 1,4 miliardi di euro di fatturato (vendite dirette, licenziatari ed esportazioni), 530 milioni di euro di export generato (beni e servizi), 4.200 collaboratori e 385 milioni di euro di spese per il personale, secondo quanto si legge sul sito della società.

Dati di bilancio 2022 riferiti alle sole società biofarmaceutiche (Gsk Unipersonale, Gsk Manufacturing Unipersonale, Gsk Vaccines, Gsk Vaccines Institute for Global Health, ViiV Healthcare) vedono 10 lanci di farmaci specialistici e vaccini dal 2021 al 2023, 42 studi clinici attivi in Italia e 2 centri ricerca globali a Siena attivi.

Per riflettere l’assetto aziendale attuale, è stato escluso il settore largo consumo (Gsk Consumer Healthcare), pur parte della compagnia in Italia nell’anno 2022 e da luglio di quell’anno spin off per dar vita ad Haleon.


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