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Al via Women on Board, un progetto di formazione per favorire l’inserimento delle donne nei Cda

di Giorgio Pogliotti

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Al via Women on Board, un progetto di formazione per favorire l’inserimento delle donne nei Cda

Al via Women on Board, un progetto di formazione per favorire l’inserimento delle donne nei Cda

Secondo Federmanager il 66,7% delle aziende ha un consiglio d’amministrazione composto di soli uomini, solo il 20,2% del totale dei componenti dei Cda italiani è donna

7 ottobre 2024
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3' di lettura

Considerando le principali 225mila società di capitali italiane il 66,7% di aziende ha un consiglio d’amministrazione composto di soli uomini, solo il 33,3% ha almeno una donna nel Cda, mentre il 10,9% è composto di sole donne. Di fatto solo il 20,2% del totale dei componenti dei Cda italiani è donna.

L’indagine condotta da Manageritalia su dati Modefinance (gruppo Teamsystem) condotta su 225mila società di capitali con oltre 1milione di fatturato conferma l’esistenza ancora di grandi difficoltà per le donne nel conseguimento di posizioni decisionali ai vertici e negli organi di amministrazione e di controllo delle società italiane.

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Il progetto “Women on Board”: nei Cda per meriti e competenze

Proprio per favorire l’inserimento delle donne nei Cda, non per legge o per quote rosa, ma per meriti e competenze è stato lanciato “Women on Board” il progetto ideato e promosso, sin dal 2022 e giunto alla sua terza edizione, da Manageritalia, Federmanager, AIDP e Hub del Territorio ETS.

Si tratta di un percorso formativo già seguito da oltre 1.700 professioniste dal 2022. In partnership con gli Ordini dei Commercialisti e dei Consulenti del Lavoro e con l’Associazione nazionale forense saranno 15 gli appuntamenti formativi, di cui 12 obbligatori su piattaforma dedicata e 3 facoltativi (aperti anche alle partecipanti Wob delle scorse edizioni). Ogni incontro avrà la durata di circa 3 ore, in cui le partecipanti avranno l’occasione di confrontarsi con professionisti del settore giuridico, economico e aziendale. Le tematiche affrontate spaziano dal “personal branding soft skills networking” all’equilibrio di genere nelle società non quotate, passando per “l’analisi contabile e del rischio sui sistemi gestionali” sino ai “principi dell’etica d’impresa”, oltre a comprendere come agiscono “gli enti di interesse pubblico e le partecipate pubbliche” e come le nuove tecnologie possono essere utili alle decisioni dei Cda.

La short list di 450 professioniste che hanno superato i test

«Questa nuova edizione nasce dall’esigenza di dar seguito alle tante sollecitazioni che abbiamo ricevuto dalle manager che hanno frequentato già Women on Board e che vogliono continuare a studiare e formarsi nonché da chi affronterà questo percorso per la prima volta», spiega Cristina Mezzanotte, presidente di Manageritalia Emilia-Romagna e co-ideatrice del progetto, «452 professioniste nella nostra short list, hanno superato i test e sono pronte per entrare nelle governance di aziende pubbliche e private, ma soprattutto nelle Pmi in tutte le regioni italiane».

Per Stefano Cuzzilla, presidente Cida «le governance miste, in cui è garantita un’equa presenza dei generi, sono le più efficaci e stanno dimostrando una maggiore resilienza quando si verifica una crisi. È necessario avere a disposizione competenze complementari per prendere le decisioni migliori. Questo si ripercuote positivamente anche sull’organizzazione aziendale. Nel nostro Paese, dove lavora soltanto una donna su due, dove soltanto il 28% dei manager è donna, dobbiamo rimuovere tutti fattori economici, sociali e soprattutto culturali che sono ostacolo all’affermazione della parità nel mondo del lavoro».

In Sardegna più donne nei Cda, la Basilicata primeggia per i board maschili

Tornando all’indagine di Federmanager, considerando tutti i componenti dei cda, le donne pesano a livello nazionale in media il 20,2%, toccando il massimo 22,6% in Sardegna e il minimo 16,4% in Trentino-Alto Adige. In Lombardia sono il 19,9% e in Lazio il 21,9%. Il buon posizionamento di alcune regioni del Mezzogiorno è <<spiegabile con il limitato numero di aziende e la forte presenza di aziende familiari che privilegiano una governance speculare>>.

Di contro, a livello territoriale la Basilicata primeggia tra le regioni con cda solo maschili (77,4%) e il Piemonte arriva ultimo (60,7%), il Lazio (16%) primeggia tra quelle con cda con sole donne e Valle D’Aosta e Veneto (8%) sono le maglie nere. Il Piemonte è al primo posto per aziende con cda misti (39,3%).

Il quadro normativo

Tutto ciò nonostante i passi compiuti a livello di quadro normativo, con la Legge 12 luglio 2011, n. 120, (c.d. Legge ‘Golfo-Mosca’) e il D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251 che hanno introdotto obblighi di ‘equilibrio di genere’ negli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate dalle Pubbliche Amministrazioni e delle società italiane quotate secondo il criterio delle “quote” . Per il primo mandato la quota riservata al genere meno rappresentato è pari ad almeno un quinto del numero dei componenti dell’organo, che sale al 33% per i successivi mandati.

La novità è rappresentata dalla Direttiva 2022/2381, che si applica ai Cda delle società quotate: entro il 30 giugno 2026 gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato dovranno occupare almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi e almeno il 33% di tutte le posizioni di amministratore (con o senza incarichi esecutivi). Il raggiungimento di questo target rappresenta una sfida importante per molte società

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