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Il turismo in miniera funziona, dal Belgio all’Italia

di Davide Madeddu

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Il turismo in miniera funziona, dal Belgio all’Italia

Il turismo in miniera funziona, dal Belgio all’Italia

Le miniere dismesse si trasformano in attrazioni turistiche, offrendo visite guidate e racconti delle loro storie e tecnologie

12 ottobre 2024
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3' di lettura

Casco e lampada, scarpe robuste e giubbotto. E poi via in fondo al pozzo a bordo della gabbia, l’ascensore che portava i minatori nei cantieri sottoterra. A ripercorrere questi passaggi oggi ci sono i turisti, perché, terminata la fase estrattiva, in molte miniere è iniziata quella turistica. E non solo in Colorado, dove i giorni scorsi, si è verificato un incidente che ha coinvolto 12 persone impegnate in una visita.

Dal Belgio all’Italia

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La nuova vita delle miniere “in sonno” interessa anche il panorama europeo, come i siti di carbone del Belgio e dell’Olanda o quelli di Germania e Polonia. E le numerose miniere presenti in Italia. Non a caso proprio nel nostro Paese, ogni anno, su iniziativa dell’Ispra viene celebrata con iniziative, dibattiti, escursioni la “Giornata delle miniere e dei parchi minerari”, gli organismi, nati nei siti dove la produzione è cessata, per valorizzare e sfruttare l’eredità delle aziende estrattive. Il filo conduttore è pressoché identico: visita guidata e racconto di ciò che l’industria mineraria estrattiva ha realizzato nel corso degli anni. Dalle tecniche di studio e perforazione ai brevetti depositati e utilizzati per la costruzione di dispositivi e macchinari da usare durante la produzione.

Il turismo in miniera funziona

Il turismo nelle miniere “in sonno” comunque, nonostante numeri ancora bassi, funziona. Lo confermano le visite che ogni anno si registrano nei diversi siti sparsi dal Piemonte alla Sardegna, dalla Lombardia alla Toscana. In Piemonte nella miniera del Taglione, sito dedicato alla “coltivazione dell’oro” e , dal 2023 gestita da uno studio professionale che si occupa di geologia tecnica e, tra le altre cose di progettazione di itinerari tematici, mappatura reti sentieristiche e guide alle escursioni le visite si possono effettuare da maggio a ottobre. In Sardegna si può visitare partendo con il treno, prendendo poi l’ascensore e raggiungendo la grotta naturale scoperta nella miniera, il sito di San Giovanni o l’infrastruttura mineraria (una galleria che finisce a picco sul mare) di Porto Flavia a Masua. C’è, tra le altre, anche la miniera di magnesite a Livorno, la Galleria Emilia a Piancastagnaio a Siena e quella di Gorno dove si lavora anche per riaprirla.

L’elenco indicato nella rete dei parchi e musei minerari dell’Ispra comprende miniere metallifere e di zolfo, oltre che talco (Garida tra le più antiche delle Alpi) e Salgemma.

A piccoli passi

«Dobbiamo dire che il trend è globale - premette Fabio Granitzio, geologo minerario con esperienza in ambito nazionale e internazionale - c’è una corsa ad adibire le miniere a scopi ricreativi e con vari usi che vanno dalla realizzazione di parchi avventura a bike parks in sotterraneo. In alcuni casi queste attività, come succede nelle miniere di sale in Sicilia, avvengono in contemporanea con l’attività estrattiva e il fenomeno interessa tutta l’Italia».

Non è una strada in discesa

In questo percorso si viaggia a piccoli passi e con numeri ridotti, anche perché si devono fare i conti con diversi aspetti. Uno su tutti la sicurezza dei luoghi. Non è comunque una strada in discesa. Sia perché si tratta di un turismo di nicchia e con numeri ridotti (gli ingressi nelle miniere sono, infatti, contingentati) sia perché le norme sono comunque stringenti.

Non mancano le difficoltà

«Le iniziative di valorizzazione sono spesso sostenute da associazioni private o enti locali senza adeguate risorse tecniche ed economiche e senza una pianificazione nazionale o regionale - aggiunge Granitzio -. La mancanza di normative specifiche ha portato a interventi insicuri e poco affidabili. Negli ultimi anni, alcune regioni come Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e Sardegna hanno legiferato sulla valorizzazione del patrimonio minerario dismesso».

Servono competenze

C’è poi un altro aspetto che riguarda l’organizzazione del lavoro dove non c’è spazio per l’improvvisazione. «È necessaria un’analisi più approfondita per la gestione della valorizzazione, poiché i visitatori non sono consapevoli dei rischi minerari - conclude -. La presenza obbligatoria di un direttore responsabile con qualifiche specifiche, ingegnere, geologo o perito industriale minerario, garantisce professionalità nella gestione della sicurezza. Le problematiche di sicurezza riguardano sia la messa in sicurezza iniziale sia la gestione continua dei siti, e devono essere affrontate con considerazione delle specificità di ogni sito».

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