di Rita Fatiguso
Reuters
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La minaccia cinese di dazi agroalimentari cade proprio mentre Pechino implementa la legge sulla sicurezza alimentare improntata all’autarchia e all’autosufficienza, principi scolpiti nel marmo del 14esimo Piano quinquennale, in scadenza nel 2025. Una strada obbligata: la Cina sa di dover sfamare una popolazione pari al 20% della popolazione mondiale, pur avendo solo il 10% delle terre coltivabili mondiali e il 6% delle risorse d’acqua, per giunta al netto del cambiamento climatico.
«Da queste esigenze è partita la sfida per migliorare qualità e quantità dei suoi prodotti agricoli. E da qui si parte per comprendere la nozione che la Cina ha di sicurezza alimentare», spiega Enrico Toti, docente di diritto cinese all’università degli Studi Roma Tre e autore della traduzione del testo dal cinese. La legge segue binari precisi ormai segnati da tempo, tra questi il principio generale dell’indipendenza da fonti straniere, lo sviluppo ed il controllo delle proprie fonti di produzione e della qualità dei prodotti stessi».
Pechino non ha investito solo in nuovi veicoli elettrici o pannelli solari, ma ha previsto nuovi investimenti scientifici, sgravi fiscali, investimenti di capitali e un supporto forte nello stoccaggio e nel trasferimento di beni alimentari.
Grande rilievo per la protezione di terre coltivate e la conversione di terre coltivabili mentre viene posta particolare attenzione sulla qualità dei prodotti e la promozione dell’uso dei terreni abbandonati nonchè nella rivitalizzazione dell’industria delle sementi e del mantenimento di un sistema di riserva.
Il nuovo piano quinquennale troverà in questa legge la base per rilanciare una serie di obiettivi tra cui la garanzia di un approvvigionamento stabile di materiali per la produzione agricola e il miglioramento della gestione delle risorse idriche e della meccanizzazione agricola. Si dà una nuova spinta produttiva per fertilizzanti, pesticidi, e per i mezzi agricoli, con un’attenzione all’uso dell’acqua, sia per quanto riguarda il mantenimento sia per quanto riguarda l’utilizzo.
Uno dei temi particolarmente sentiti è anche lo stoccaggio del prodotto tra magazzini locali e centrali infatti vengono istituiti sistemi per le riserve e la circolazione dei cereali per garantire una distribuzione e uno stoccaggio efficienti, separando le riserve governative dalle operazioni commerciali.
La versione finale della Legge stabilisce infatti che “le imprese o le altre organizzazioni che immagazzinano le riserve di grano del Governo devono separare lo stoccaggio dalle operazioni commerciali” e “le imprese che immagazzinano le riserve di grano del Governo centrale e le riserve di grano del Governo locale provinciale devono separarsi dalle operazioni commerciali”.
Alla promozione e applicazione di nuove tecnologie, processi e attrezzature per la lavorazione dei cereali si affianca un nuovo sistema di gestione delle emergenze con una leadership unificata e relativa responsabilità gerarchica.
Il controllo si esplica in diverse direttive: da una parte viene creato un sistema di sanzioni, d’altro canto viene affidato alle Province il compito di vigilare e operare per assicurare un adeguato sviluppo.
C’è la formulazione di piani di emergenza alimentare a livello nazionale e locale, approvati dal Consiglio di Stato, al quale si affianca un sistema di segnalazione per le fluttuazioni anomale nel mercato dei cereali durante le emergenze.
Durissimo il pacchetto sanzioni si va da 200mila a un milione di renminbi per le aziende e per le persone fisiche la base parte da 20mila per arrivare a 200mila.
In definitiva, conscia delle proprie ridotte potenzialità, la Cina ha messo a punto meccanismi che nel lungo periodo dovrebbero aiutare il Paese ad affrontare problemi antichi aggravati dall’inevitabile cambio climatico ma al netto dell’interscambio con Paesi terzi.
Rita Fatiguso
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