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Infrazioni Ue, l’Italia sale a 65 procedure. Come va negli altri Paesi europei

di Marta Casadei, Michela Finizio (Il Sole 24 Ore, Italia), Viktória Serdült (HVG, Ungheria), Kostas Zafeiropoulos (EFSYN, Grecia), Vladislava Peeva (Mediapool.bg, Bulgaria)

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Infrazioni Ue, l’Italia sale a 65 procedure. Come va negli altri Paesi europei

Infrazioni Ue, l’Italia sale a 65 procedure. Come va negli altri Paesi europei

Roma finisce nel mirino di Bruxelles con casi aperti dalle plastiche alla protezione dei lavoratori. In Ungheria si sale oltre le 100 procedure

10 giugno 2024
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8' di lettura

I prodotti in plastica monouso - banditi dall’Unione europea con la direttiva 2019/904/Ue – e la governance europea dei dati. Sono due tra i temi che hanno riportato l’Italia sotto la lente della Commissione europea. Nelle ultime settimane, infatti, Bruxelles ha aperto quattro nuove procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese, riportando (al netto di due archiviazioni) a 65 il totale dei procedimenti aperti che ad aprile era sceso, complici sette archiviazioni, da 70 a 63. Delle contestazioni attualmente in corso 48 sono per violazione del diritto dell’Unione e 17 per mancato recepimento di direttive. A quelle già citate - la prima per violazione del diritto comunitario nel recepire la direttiva sulla plastica monouso; la seconda per mancato recepimento del regolamento 2022/868 sulla governance europea dei dati - si aggiungono le procedure aperte perché il nostro Paese non ha recepito le direttive 2022/362 (relativa alla tassazione a carico di veicoli per l’uso di alcune infrastrutture) e 2022/431 (sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro).

In tutti e quattro i casi Bruxelles ha inviato a Roma la nota di messa in mora ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che disciplina la fase di pre contenzioso. L’Italia avrà tempo due mesi dall’avvio della procedura per fornire chiarimenti ed evitare che la procedura di infrazione passi alle fasi successive - l’iter è complesso e può durare anni – tra cui parere motivato, decisione di ricorso, ricorso alla Corte di giustizia europea e infine sentenza. Quest’ultima può tradursi in una sanzione pecuniaria come già accaduto, per esempio, nel caso dell’emergenza rifiuti in Campania o della non corretta applicazione delle direttive su rifiuti, rifiuti pericolosi e discariche: secondo il Servizio per la qualità degli atti normativi del Senato, le sanzioni pecuniarie a nostro carico alla data del 31 dicembre 2021 ammontavano a 877,9 milioni; a marzo 2023 il conto era salito a oltre un miliardo di euro.

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Le procedure a carico del nostro Paese oggi in fase più avanzata sono 31: 17 pareri motivati, tre decisioni di ricorso, un ricorso e quattro sentenze per procedimenti in fase di pre-contenzioso; due decisioni di ricorso e quattro sentenze in fase di contenzioso vero e proprio. Le questioni spaziano dalla cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e, in particolare, il superamento dei valori limite di Pm10 e Pm2.5, alle concessioni balneari. La procedura è alla fase di precontenzioso con la Commissione Ue che ha inviato a Roma un parere motivato ex articolo 258. La questione è tutt’altro che chiusa: il Governo Meloni ha infatti ha prorogato fino alla fine del 2024 le concessioni in essere. Rinvio su cui si è pronunciato (negativamente) anche il Consiglio di Stato che ne ha stabilito l’incompatibilità con la direttiva Bolkestein sulla libera concorrenza.

Tra gli ultimi pareri motivati mossi contro il nostro Paese c’è quello con cui Bruxelles lo scorso novembre ha contestato la normativa dell’assegno unico universale: ritenendolo una misura assistenziale di carattere universale, la Commissione ne boccia i requisiti di accesso (in particolare la residenza, anche non continuativa, per almeno due anni in Italia oppure il contratto di lavoro almeno semestrale) che così discriminano i residenti comunitari - anche con figli oltreconfine - in violazione delle norme europee sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori.

I mesi concessi all’Italia per uniformarsi alle indicazioni europee sono già scaduti, ma le trattative per evitare il ricorso alla Corte di giustizia Ue ora sono “congelate” in attesa del voto europeo. Intervistata sul punto al Festival dell’Economia di Trento, la premier Giorgia Meloni ha detto: «Spero che la prossima Commissione abbia un approccio più ragionevole, altrimenti daremo battaglia». All’orizzonte c’è poi la possibilità che la Commissione apra, verso l’Italia così come verso altri Paesi, una nuova procedura di infrazione per eccesso di deficit.

Se nel complesso le procedure sono diminuite rispetto agli anni scorsi - il 1° giugno 2023 quelle aperte contro l’Italia erano 82; facendo un salto indietro di cinque anni, al 3 giugno 2019, erano 71 - il tema più critico rimane lo stesso: l’ambiente. Le infrazioni aperte per violazioni o mancato recepimento di normative europee in questo ambito sono 19, poco meno di un terzo del totale, tra cui quelle già citate che bacchettano l’Italia su rifiuti, qualità dell’aria e plastica. A seguire, ci sono sette procedure aperte nell’ambito trasporti, sei in affari economici e finanziari e sei in lavoro e politiche sociali.

Ungheria, 135 procedure: dalle Ong alle leggi anti-Lgbt

Ufficialmente, sono 135 le procedure di infrazione in corso contro l’Ungheria, tutte in fasi diverse. Potrebbe essere considerato un numero medio e, in effetti, è anche quanto comunica il governo ungherese. In realtà, alcune delle violazioni del diritto dell’Ue sono casi di alto profilo e ampiamente riportati che sono stati avviati contro il Paese negli ultimi anni.

Il governo di Viktor Orbán è sempre più ostile all’Ue e nei suoi discorsi il primo ministro ha giurato di «marciare contro» Bruxelles. Orbán vuole anche proteggere l’Ungheria dalle interferenze straniere, comprese quelle dell’Unione Europea.

Per questo motivo, il parlamento ha approvato la cosiddetta Legge sulla sovranità, che crea una nuova autorità con poteri di indagine sulle attività politiche svolte per conto di, o finanziate da, un interesse straniero. Le organizzazioni per la libertà dei media e le Ong hanno paragonato la misura alla legge sugli agenti stranieri della Russia e anche il Consiglio d’Europa ha chiesto l’abbandono della legge ungherese. La Commissione europea ha agito rapidamente e ha avviato la procedura di infrazione a febbraio, appena una settimana dopo l’entrata in vigore del provvedimento.

Un’altra importante procedura di infrazione relativa allo Stato di diritto è stata avviata nel 2021 per la cosiddetta legge sulla «protezione dei minori». Solo un anno dopo, nel 2022, la Commissione ha deciso di deferire l’Ungheria alla Corte di giustizia dell’Ue per una legge che, a suo dire, discrimina le persone sulla base del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere. La legge ungherese, in particolare, individua e prende di mira i contenuti che «promuovono o ritraggono» ciò che definisce «divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita, cambiamento di sesso o omosessualità» per i minori di 18 anni.

È anche molto probabile che, in un altro caso, l’Ungheria possa ricevere una pesante multa. Mentre il governo si è sempre attenuto alle decisioni della Corte UE, ciò non è avvenuto in una sentenza di alto profilo riguardante i richiedenti asilo. Nel 2021, la Commissione ha deciso di deferire l’Ungheria alla Corte di giustizia, chiedendo alla Corte di ordinare il pagamento di sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto da parte dell’Ungheria di una sentenza relativa alle norme UE in materia di asilo e rimpatrio.

Il primo ministro ungherese ha già dichiarato che la Corte ordinerà una multa di 6 milioni di fiorini al giorno. Questo è in effetti l’importo richiesto dalla Commissione alla Corte, ma la sentenza è attesa solo per giugno. Nel frattempo, questa sentenza rappresenta un’opportunità perfetta per Orbán nella sua campagna elettorale, in quanto colpisce Bruxelles che punisce l’Ungheria solo perché protegge i confini dell’Ue.

Grecia, 49 deferimenti solo nel 2023

Il 25 gennaio 2024 la Commissione europea ha annunciato l’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti di nove Stati membri dell’Ue per la mancata notifica alla Commissione delle misure di recepimento della direttiva UE sulla tassazione minima globale nelle rispettive legislazioni nazionali entro il termine del 31 dicembre 2023. I seguenti Stati membri hanno ricevuto lettere di costituzione in mora da parte della Commissione: Estonia, Grecia, Spagna, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia e Portogallo. Solo nel 2023, la Grecia è stata deferita 49 volte alla Commissione per questioni di infrazione. Nel 2022, il Paese non ha rispettato i suoi obblighi per 22 volte.

Solo lo scorso maggio la Commissione europea ha deciso di deferire la Grecia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver recepito correttamente la direttiva sul test di proporzionalità (direttiva Ue 2018/958) nel proprio ordinamento nazionale. Questa direttiva disciplina il test di proporzionalità per le norme nuove o modificate che limitano l’accesso o l’esercizio delle professioni regolamentate, ha dichiarato la Commissione in un comunicato.

Secondo la Commissione, la Grecia non ha garantito che tutte le misure coperte dalla direttiva, in particolare quelle che sono iniziativa di associazioni professionali, iniziative parlamentari o emendamenti parlamentari, siano soggette a una valutazione preventiva di proporzionalità. Inoltre, la Grecia non garantisce un monitoraggio continuo delle norme adottate, in quanto le autorità greche non hanno trasmesso in modo sufficientemente chiaro il criterio del controllo sistematico o regolare della proporzionalità nel tempo.

La Commissione ha avviato questa procedura di infrazione nell’ambito di una più ampia azione di contrasto nei confronti degli Stati membri che non hanno recepito correttamente la direttiva sul test di proporzionalità nel diritto nazionale. Un mese prima, l’esecutivo ha sollevato tre questioni diverse - rispettivamente - su un caso di “corruzione passiva”, gli sforzi “insufficienti” della Grecia per pagare i suoi fornitori e il rispetto delle norme sullo spazio aereo europeo.

Bulgaria, 146 procedure di infrazione attive

La Commissione europea sta citando la Bulgaria in sei cause presso la Corte di giustizia dell’UE per mancato rispetto del diritto europeo, secondo uno studio di Mediapool sul database del tribunale di Lussemburgo.

Le cause risalgono all’aprile 2023. La Commissione chiede che la Bulgaria paghi 1.800 euro al giorno dal momento in cui avrebbe dovuto adeguare le sue leggi al diritto europeo fino alla fine della violazione.

Questi importi sono standard per le richieste della Commissione. Finora la Bulgaria è riuscita a evitare l’imposizione di multe, anche se è stata condannata dalla Commissione davanti alla Corte di giustizia dell’UE.

Oltre a queste cause, la Commissione europea ha attivato 146 procedure di infrazione contro Sofia. La maggior parte delle procedure di infrazione riguarda l’ambiente, in particolare l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, nonché la mancata conformità alle direttive UE sulla gestione dei rifiuti.

Nell’ultimo anno, la Bulgaria continua a ritardare l’aggiornamento degli obiettivi in materia di energia e clima. La spiegazione ufficiale è che le autorità di Sofia hanno bisogno di tempo per modellare la produzione e il consumo di energia proprio nel contesto della richiesta dell’UE di aumentare la quota di fonti rinnovabili.

La ricerca di Mediapool confuta queste scuse. Negli ultimi 15 anni, in Parlamento si sono formate maggioranze di governo che cercano sistematicamente di preservare le centrali a carbone, in virtù dell’enorme potenziale elettorale di migliaia di lavoratori - soprattutto per il maggiore partito bulgaro GERB (PPE).

Un’altra procedura di infrazione è stata imposta perché i pedaggi per i camion non vengono pagati in base a quanto inquinano l’aria.

La Bulgaria sta per essere citata in giudizio per aver fatto approvare leggi che consentono agli ospedali privati di non partecipare alle gare d’appalto pubbliche anche se spendono denaro pubblico.

La Commissione europea insiste affinché la Bulgaria adotti piani adeguati per gestire le crisi di approvvigionamento di gas e in caso di inondazioni.

L’esecutivo comunitario ha già citato la Bulgaria davanti alla Corte di giustizia dell’Ue per non aver introdotto misure per promuovere l’uso di veicoli stradali puliti ed efficienti dal punto di vista energetico. Un altro caso giudiziario riguarda la non compatibilità del sistema di pedaggio con altri sistemi dell’Ue. Un altro caso giudiziario riguarda il fatto che la Bulgaria non permette che l’acqua minerale proveniente dalla stessa sorgente sia offerta con nomi commerciali diversi, senza che vi sia l’obbligo di indicare la fonte sull’etichetta. La Bulgaria è stata citata in giudizio per il difficile accesso ai dati pubblici, e ci sono anche due cause per insufficiente protezione del copyright per i contenuti online.

*Questo articolo rientra nel progetto collaborativo Pulse ed è stato scritto da Marta Casadei, Michela Finizio (Il Sole 24 Ore, Italia), Viktória Serdült (HVG, Ungheria), Kostas Zafeiropoulos (EFSYN, Grecia), Vladislava Peeva (Mediapool.bg, Bulgaria)

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